mercoledì 12 dicembre 2012

 

 USI MEDICI DELLA CANNABIS


Ci sono notevoli differenze nelle conoscenze sugli usi medici della cannabis e dei cannabinoidi nelle diverse malattie. Per la nausea e il vomito associato con la chemioterapia anticancro, l'anoressia e la cachessia nell'HIV/AIDS, la spasticità nella sclerosi multipla e nelle lesioni traumatiche del midollo spinale, ci sono forti evidenze di benefici medici. Per molte altre indicazioni, come epilessia, disturbi del movimento e depressione ci sono molti meno dati disponibili. Tuttavia, le prove scientifiche per una specifica indicazione non riflettono necessariamente il reale potenziale terapeutico per una data malattia.

Gli studi clinici con singoli cannabinoidi o, meno spesso, con preparazioni della pianta intera (marijuana fumata, estratto di cannabis in capsule) sono spesso stati ispirati da esperienze positive aneddotiche di pazienti che avevano usato prodotti grezzi di cannabis. Gli effetti anti-emetici, stimolatori dell'appetito, rilassanti, analgesici e l'uso terapeutico nella sindrome di Tourette furono tutti scoperti in questo modo.

Osservazioni accidentali hanno anche rivelato effetti terapeuticamente utili. Ciò è avvenuto in uno studio su pazienti con malattia di Alzheimer, in cui il fine principale era l'esame degli effetti stimolatori dell'appetito del THC. Ma non solo aumentò l'appetito e la massa corporea, ma anche diminuirono i comportamenti anormali fra i pazienti. La scoperta della diminuzione della pressione endo-oculare con la somministrazione di THC, all'inizio degli anni 1970, fu anch'essa dovuta a una felice casualità. Altre interessanti indicazioni che non sono state scientificamente investigate, ma restano problemi comuni nella moderna medicina possono beneficiare del trattamento con cannabis e cannabinoidi. Per questa ragione, negli ultimi tre-quattro anni sono state condotte delle indagini interrogando le persone che usano cannabis a scopo terapeutico. Sono state condotte sia come interviste orali non standardizzate nel corso di ricerche sul potenziale terapeutico della cannabis da parte di istituzioni scientifiche o statali (in Gran Bretagna, il Select Committee sulla scienza e la tecnologia della Camera dei Lord, negli USA l'Institute of Medicine) sia come indagini anonime utilizzando questionari standardizzati.

Nausea e vomito

Il trattamento degli effetti collaterali associati alla chemioterapia antitumorale è l'indicazione meglio documentata dei cannabinoidi, con circa 40 studi (THC, nabilone, altri analoghi del THC, marijuana). La maggior parte degli studi è stata condotta negli anni 1980. Il THC deve essere dato a dosi relativamente alte, per cui i suoi effetti collaterali si manifestano abbastanza spesso. In uno studio, il THC è stato inferiore alla metoclopramide ad alte dosi. Non ci sono confronti del THC con i moderni antagonisti della serotonina. Mentre il dronabinol è meno accettato nel trattamento degli effetti collaterali della chemioterapia, nella medicina popolare i cannabinoidi rimangono ben accettati e sono spesso usati anche in altre cause di nausea, incluse l'AIDS e l'epatite.

Anoressia e cachessia

Un effetto stimolatore dell'appetito del THC è stato osservato con dosi giornaliere refratte, per un totale di 5 mg. Se richiesto, la dose giornaliera può essere aumentata fino a 20 mg. In uno studio a lungo termine di 94 pazienti con AIDS, l'effetto stimolatore dell'appetito del THC è continuato per mesi, confermando il miglioramento dell'appetito notato in uno studio più breve di 6 settimane. Su una scala visiva analogica, il THC ha raddoppiato l'appetito rispetto a un placebo. I pazienti hanno tendenzialmente mantenuto un peso stabile lungo un periodo di sette mesi. Un effetto positivo sul peso corporeo fu anche riportato in 15 pazienti con malattia di Alzheimer che in precedenza rifiutavano il cibo.

Spasticità

In piccoli studi clinici del delta-9-tetraidrocannabinolo, nabilone e cannabis, è stato osservato un effetto benefico sulla spasticità provocata da sclerosi multipla o lesioni del midollo spinale. Fra gli altri sintomi influenzati positivamente, dolore, parestesie, tremore e atassia. Nella medicina popolare ci sono segnalazioni di miglior controllo della vescica e dell'intestino. C'è anche qualche evidenza aneddotica di benefici della marijuana nella spasticità dovuta a lesioni cerebrali.

Disturbi del movimento

Ci sono alcune segnalazioni aneddotiche positive di una risposta terapeutica alla cannabis nella sindrome di Tourette, la distonia e la discinesia tardiva. L'uso nella sindrome di Tourette è attualmente oggetto di studi clinici. Molti pazienti hanno solo un modesto miglioramento, tuttavia alcuni mostrano una risposta notevole o addirittura un completo controllo dei sintomi. Nei pazienti con SM, a seguito della somministrazione di THC si è avuto un beneficio nell'atassia e una riduzione del tremore. Nonostante occasionali segnalazioni positive, nessun successo obiettivo è stato osservato nel parkinsonismo o nella malattia di Huntington. Tuttavia, i prodotti a base di cannabis potrebbero dimostrarsi utili nella discinesia indotta dalla levodopa nella malattia di Parkinson, senza peggiorare i sintomi primari.

Dolore

Ci sono solo pochi studi clinici dei cannabinoidi in condizioni dolorose. In uno studio, il THC orale si è dimostrato efficace nel dolore da cancro in dosi di 15 o 20 mg. Tuttavia alcuni pazienti ebbero effetti collaterali intollerabili. In uno studio in doppio cieco su un singolo caso, un paziente con febbre mediterranea familiare chiaramente ridusse il suo bisogno di oppiacei quando riceveva il THC rispetto a quando riceveva il placebo. La cannabis è stata usata con successo nella moderna medicina popolare in una moltitudine di condizioni dolorose, tra cui l'emicrania e altre forme di cefalea, malattie muscolo-scheletriche, artrite, nevralgie, neuropatie, dismenorrea, colite ulcerosa, malattia di Crohn, ecc.

Glaucoma

Nel 1971, durante una ricerca sistematica sugli effetti della marijuana in consumatori sani, fu osservato che essa riduceva la pressione endo-oculare. Nei 12 anni seguenti sono stati fatti numerosi studi in soggetti sani e in malati di glaucoma con marijuana e diversi cannabinoidi naturali e sintetici. La marijuana diminuisce la pressione interna dell'occhio del 25-30% in media, a volte fino al 50%. Alcuni cannabinoidi non psicotropi, e in misura minore, anche alcuni costituenti non-cannabinoidi della canapa diminuiscono la pressione endo-oculare.

Epilessia

The use in epilepsy is among its historically oldest indications of cannabis. Animal experiments provide evidence of the antiepileptic effects of some cannabinoids. The anticonvulsant activity of phenytoin and diazepam have been potentiated by THC. According to a few case reports from the 20th century, some epileptic patients continue to utililize cannabis to control an otherwise unmanageable seizure disorder. Cannabis use may occasionally precipitate convulsions.

Asma

Gli esperimenti per studiare gli effetti antiasmatici del THC o della cannabis datano principalmente dagli anni 1970, e sono tutti studi "in acuto". Gli effetti di una sigaretta di marijuana (2% THC) o del THC per bocca (15 mg), rispettivamente, corrispondono all'incirca a quelli di dosi terapeutiche dei comuni broncodilatatori (salbutamolo, isoprenalina). Siccome l'inalazione di preparati di cannabis può irritare la mucosa bronchiale, la somministrazione orale o un altro sistema alternativo sarebbero preferibili. Pochissimi pazienti hanno sviluppato broncocostrizione dopo inalazione di THC.

Dipendenza e astinenza

Secondo "case report" storici e moderni,. la cannabis è un buon rimedio per combattere i sintomi da astinenza nella dipendenza da benzodiazepine, oppiacei e alcool. Per questa ragione, è stata chiamata da alcuni "droga di passaggio all'indietro". In questo contesto, sia la riduzione dei sintomi fisici dell'astinenza che dello stress collegato alla sospensione dell'abuso di droghe può avere un posto fra i suoi benefici.

Sintomi psichiatrici

Un miglioramento dell'umore nella depressione reattiva è stato osservato in diversi studi clinici con il THC. Ci sono segnalazioni addizionali che riferiscono un beneficio con i cannabinoidi in diversi disturbi e malattie psichiatriche, come disturbi del sonno, sindromi ansiose, sindrome bipolare, distimia. Vari autori hanno espresso differenti punti di vista su cannabis e sindromi psichiatriche. Mentre alcuni enfatizzano i problemi causati dalla cannabis, altri ne promuovono le potenzialità terapeutiche. Molto probabilmente i prodotti a base di cannabis possono essere sia benefici che dannosi, a seconda del caso specifico. Il medico curante e il paziente devono essere aperti a una valutazione critica dell'argomento, ed essere franchi su entrambe le possibilità.

Malattie autoimmuni e infiammazione

In diverse sindromi dolorose secondarie a processi infiammatori (p.es. colite ulcerosa, artrite) i prodotti a base di cannabis possono agire non solo come analgesici, ma anche dimostrare capacità anti-infiammatorie. Per esempio, alcuni pazienti che usano cannabis riferiscono una minore necessità di steroidi e di FANS. Inoltre, ci sono alcune segnalazioni di effetti positivi dell'automedicazione con cannabis in condizioni allergiche. Non è ancora chiaro se i prodotti a base di cannabis possono avere un effetto rilevante sui processi eziopatogenetici delle malattie autoimmuni.

Sindromi varie e miste

Ci sono numerose segnalazioni positive da parte di malati in condizioni patologiche che non possono essere facilmente inquadrate nelle categorie precedenti, come gli acufeni, la "sindrome di stanchezza cronica", la "sindrome delle gambe irrequiete", e altre. Diverse centinaia di possibili indicazioni della cannabis e del THC sono state descritte dai vari autori.

I prodotti a base di cannabis spesso hanno ottimi effetti in malattie con una sintomatologia multiforme, coperta dallo spettro delle azioni del THC. Per esempio, nelle sindromi dolorose di origine infiammatoria (p.es. artrite), o accompagnate da un tono muscolare aumentato (p.es. crampi mestruali, lesioni del midollo spinale), o in malattie con nausea e anoressia, accompagnate da dolore, ansia e depressione (p.es. AIDS, cancro, epatite C).

martedì 11 dicembre 2012

 
Coltivare significa crescere un essere vivente vegetale, in maniera differente a seconda delle varie scuole di pensiero al mondo, per poter godere di una sua funzione o di un suo prodotto. Come tutti gli esseri viventi anche le piante hanno un metabolismo fisiologico, cioè una serie di reazioni biochimiche volte a mantenerle in vita. Anche noi umani abbiamo un metabolismo, mangiamo per fornire energia e mattoncini proprio a queste reazioni biochimiche ed espelliamo sottoprodotti nelle varie forme. Viene da sé capire l’importanza di una corretta alimentazione e di una regolare attività fisica al fine di vivere meglio. Con i corretti input il nostro fisico riesce a star unito, sano e reattivo.
Ugualmente per analogia, nonostante non debbano correre per dimagrire, anche i vegetali hanno bisogno dei corretti input per vivere sani.
Gli input di cui necessitano le piante nel giusto habitat di crescita sono: una nutrizione adeguata di acqua e nutrienti, una dose di energia luminosa sufficiente allo svolgimento della fotosintesi clorofilliana e dell’aria ricca di ossigeno e anidride carbonica per poter finalizzare il loro sforzo metabolico.
Nello scorso secolo la scienza ha fatto numerosi progressi in tutti i campi, nell’agronomia sono state introdotte nuove pratiche colturali grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie; queste nuove tecnologie, oltre ad aggiungere informazioni su ciò che sappiamo sulle piante, ci danno rese impensabili sino a pochi anni fa.
Quindi ora riusciamo a fornire grandi rese in aree dove è impensabile coltivare, qualche volta a scapito della qualità e con qualche compromesso.
Il grower appassionato della Canapa ha trovato legittimità con internet. Ovunque nel mondo vi sia la corrente e la connessione si possono incontrare altri coltivatori e col tempo, volendo, ci si riconosce in una comunità: una comunità purtroppo di criminali per legge, di persone costrette a nascondersi dietro a connessioni sicure per poter avere meno paranoie, parlando di una pianta che avevamo in natura sino a pochi decenni fa.
Quante informazioni si trovano in rete e quanto veloce si aggiorna il sapere comune grazie ad internet!
Ma torniamo indietro nel tempo, quando solo pochi audaci leggevano libri pirata e provavano le prime selezioni artificiali. Si racconta che allora l’unica fonte di luce adatta fossero i neon, una sorgente di luce con poca penetrazione e uno spettro buono. Pensate quant’era difficile negli anni settanta avere un prodotto come quelli che troviamo nei coffee-shop di Amsterdam o nei Cannabis club di Barcellona. Ovviamente non avevano ancora quelle genetiche migliorate che abbiamo noi oggi a disposizione, ma chissà che selezione avrebbero potuto fare i breeders se avessero avuto da sempre le nostre conoscenze e disponibilità.
Ora la maggior parte dei growers utilizzano lampade HPS per la fioritura, cioè illuminano con bulbi ad alta pressione di sodio, un’ottima fonte di Lumen per una fioritura copiosa. Non esisterebbe l’idea di growing indoor se non esistessero le lampade ad alta energia, o perlomeno credo sarebbe una pratica molto poco diffusa.
Negli ultimi due anni vanno diffondendosi gli utilizzatori di lampade a led. La lampada a led è una piastra di tanti piccoli diodi, da pochissimi watt ciascuno, del giusto colore. L’inconveniente di questa tecnologia è la scarsa penetrazione dei led, ma con uno Scr.O.G. ben misurato si possono raccogliere cime decenti anche quando la temperatura fuori supera i 30 gradi centigradi. Finalmente una soluzione per coltivare indoor anche ad agosto mentre fuori l’asfalto scioglie come il gelato.
Le growbox smontabili e rimontabili in soli 10 minuti sono state un’altra innovazione utilissima che ha avvicinato molte persone alla coltivazione indoor, comode anche solo per semplicità o per pigrizia e facili da montare: proprio alla portata di tutti.
Un armadio chiuso perfettamente, leggero ma robusto e con le giuste aperture per operare in semplicità. Nulla più. Non me ne vogliano i carpentieri dell’indoor né i cartongessisti delle growbox su misura, ma non è così facile per tutti costruire spazi solidi ben coibentati con le giuste aperture del diametro corretto e soprattutto capaci di resistere ad una coltivazione.
Chiunque può avere in 10 minuti il suo spazio di coltivazione e può addirittura controllarne l’aria grazie agli estrattori, un’altra tecnologia ora largamente utilizzata per il ricircolo dell’aria negli spazi chiusi e per regolarne l’umidità agendo sul flusso.
Un estrattore serve per il ricambio dell’aria, condizione necessaria per una corretta respirazione degli esseri viventi: provate voi a tenere un uomo sotto una campana di vetro e quando esaurirà l’ossigeno morirà. Ugualmente sarà lo sviluppo dei nostri vegetali in un armadio.
Outdoor questo non è mai stato un problema in quanto si coltiva all’aria aperta e il vento contribuisce a ricambiare l’aria attorno alle parti aeree della pianta si capisce così l’importanza di una corrente d’aria nuova nella growbox.
Rimanendo in tema indoor voglio introdurre le colture fuori suolo. Premetto che nulla è stato scoperto, già in antichità sono riportati giardini in acqua perciò è stato solamente studiato e semplificato, grazie alle leggi della chimica e della fisica, il concetto. Il nostro giardino imperiale indoor dove le piante vivono in una condizione di metabolismo accelerato grazie al fatto che le radici prosperano in una soluzione acquosa con nutrienti di pronta assimilazione. La nutrizione minerale ha reso possibile la coltivazione fuori-suolo ovunque, anche al chiuso.
Altra tecnologia a grande diffusione sono i fertilizzanti minerali per la Canapa disponibili in commercio presso qualsiasi growshop. “Meno male che hanno inventato i fertilizzanti di sintesi” direbbe qualcuno, io non sono della stessa scuola, ma per completezza esaminerò i prodotti.
Probabilmente questa è una scoperta che definisco “comoda”, cioè rende disponibile ai più la coltivazione indoor. Coltivare è sempre stato fatto da migliaia di anni e senza i prodotti a pronta assimilazione per colture fuori suolo. Tant’è che ora è in forte crescita la richiesta sul mercato dei fermentati organici liquidi per la coltura biologica della Canapa in terra.
Il fertilizzante minerale assicura delle rese di poco più elevate, in termini di quantità, rispetto alla nutrizione organica che però rimane la migliore in termini di qualità.
Con la nutrizione minerale si possono somministrare sali minerali e sostanze nutritive in vegetativa ed ecco che usiamo un fertilizzante ad alto titolo di azoto oppure in fioritura e allora usiamo un fertilizzante ad alto titolo di fosforo e potassio. Esistono in commercio dei nuovi prodotti granulari per la nutrizione delle piante in vendita in prodotto unico, così che basti una sola spesa per assicurare alla pianta tutti gli input nutrizionali necessari ad un’ottima resa. Una volta si sarebbe dovuto andare, giustamente sostengo io, dal contadino a chiedere dello stallatico maturo o del compost di lombrico mentre adesso con una bustina di sali da sciogliere in 100 litri otteniamo la medesima resa.
Ho accennato di selezione genetica e non voglio più discorrere di fertilizzanti perché ricadrei nel gusto personale. Il miglioramento genetico che hanno subito le varietà maggiormente coltivate di Canapa è tutto dovuto ai pionieri del breeding che negli ultimi trenta-quaranta anni hanno portato la nostra idea di infiorescenza secca alle cime presenti sui migliori cataloghi di case del seme. Per convincersi della veridicità dell’enorme mole di lavoro svolto da costoro basta cercare su google “High Times 1977” e cliccare sul primo risultato riportante le top 40 buds del 1977 – una selezione dei migliori 40 strains al mondo – per rendersi conto dell’enorme differenza nella forma delle cime. Ora abbiamo campioni del peso di cinquanta grammi di cui quarantotto sono fiori mentre allora i campioni presentavano un rapporto fiori/foglie ben più basso.
La tecnologia genetica ancora una volta al servizio dei coltivatori.
Adesso abbiamo anche i semi confettati, cioè sementi di genetiche selezionate in quanto altamente produttive ricoperti di una pasta di diversi colori composta da un anti-patogeno e da uno stimolatore radicale per proteggere il seme ed al contempo per identificare meglio i diversi strain.
Adesso molti laboratori di genetisti hanno un gascromatografo per selezionare gli esemplari con una produttività qualitativa media più alta tra la popolazione. Le scoperte hanno contribuito certamente alla razionalizzazione a alla diffusione della coltivazione domestica grazie alla possibilità di avere buoni input anche in un armadio. Purtroppo non la insegnano più nelle scuole ma verrà un giorno in cui sarà legittimata anche la degustazione moderata di infiorescenze femminili essiccate di Canapa. Se fosse un argomento di studio valutato correttamente ci sarebbero tanti laboratori farmaceutici con i loro orti canaposi per scopi di ricerca e ci sarebbero sicuramente tante aree agricole coltivate a Canapa per tutti gli usi di cui l’uomo è beneficiario.
Le innovazioni sono tante e quasi tutte a favore del growing. Ma, siccome tutte le cose belle sono destinate a trovare una fine, la tecnologia ha portato anche qualche problema per gli appassionati del genere.
Se fino a qualche anno fa era pensabile coltivare sulle aree demaniali, oltretutto senza destare gran scandalo, ora vi sono turnazioni di controllo e sfalci programmati per contenere le infestanti generiche (la Canapa è molto competitiva, ciò la rende una potenziale infestante). Lo stato si organizza schierandosi da una parte e i growers sono costretti ad allontanarsi per schierarsi dall’altra. Un piccolo passo con un grande risvolto sociale. La tecnologia al servizio del proibizionismo si è tramutata in maggior controllo su tutte le aree agricole. Le forze dell’ordine in alcuni paesi hanno a disposizione delle telecamere anti bracconaggio, che le qualifica come dotate di sensore di movimento, ergo una volta trovata una piantagione intervengono i tecnici ad installare una telecamera anti-frodo. Nel momento in cui il coltivatore si reca sul luogo per, ad esempio, irrigare le piante viene filmato e segnalato wireless. Un’arma contro i bracconieri e contro i guerrilla gardener sfortunati. I Guerrilleros per definizione non si arrendono mai, mi suggeriscono degli amici spagnoli su skype.
Un altro sistema di ricerca ed individuazione di coltivazioni illecite in alcuni stati europei sono gli elicotteri con telecamere HD, ad alta definizione, spesso equipaggiati con sistemi di controllo della radiazione tipo eco-scanner. E siccome dal satellite possono controllare la superficie agricola utilizzata penso possano anche individuare spot di vegetazione particolarmente poco occultati. Qualche ardito coltivatore cittadino si spinge sul terrazzo o sul balcone ma purtroppo il cielo dei grandi centri cittadini è percorso spesso da elicotteri di qualsiasi tipo, così da diventare un’avventura tipo una sorta di guerriglia urbana. Spesso un aero club nelle vicinanze porta curiosi nelle proprie pertinenze e non sempre i moto veleggiatori della domenica sono persone discrete. Un telo anti grandine può aiutare, insieme a un buon impianto di rampicanti, a creare un buon ambiente di coltura indiscreto.
In Spagna molti Cannabis club lamentano una difficoltà a produrre sufficiente materiale per i propri soci senza sforare i limiti imposti dal contratto di fornitura energetica. Significa che se per accontentare tutti i soci sfori dalla fascia di energia dovuta vengono a citofonarti e ti chiedono chiarimenti. In altri paesi non esistono forme di telecontrollo sul contatore, in altri ancora il telecontrollo serve solo per verificare l’assorbimento anomalo, in quanto molto maggiore, di una minoranza di utenze ed un’eventuale evasione fiscale nel caso di un’azienda in nero. Di norma un coltivatore hobbystico non ha di che preoccuparsi data la scarsa potenza delle proprie lampade. Un coltivatore commerciale deve per forza risiedere in un paese dove la legge lo consenta ma soprattutto deve essere in possesso di un’apposita autorizzazione. In alcuni paesi europei è tollerata una piccola produzione di Canapa ad uso personale, reminiscenza di un passato dove le erbe officinali venivano coltivate in famiglia.
In Italia è illegale qualsiasi forma di Canapa, né un germoglio né una pianta né un clone, solamente i semi in quanto materiale genetico embrionale (in realtà in quanto sprovvisti di principi attivi utili).
Il progresso delle conoscenze ha portato i growers a una realtà paradossale dove vi sono esperti del calibro di professori universitari costretti a vivere come dei criminali, dove gli infermi non possono per legge curarsi con una pianta e dove si viene ancora arrestati per uno spinello. Quanto vale allora la nostra cultura se per legge non c’è accesso ad una risorsa naturale? La tecnologia non è figlia dell’ignoranza.

lunedì 10 dicembre 2012

CHI FUMA PIU CANNABIS NEL MONDO???

La cannabis continua ad essere lo stupefacente piu' apprezzato al mondo. Ci sono tra i 119 e i 224 milioni di consumatori in tutto il mondo secondo l'ultimo rapporto "World Drug" delle Nazioni Unite pubblicato poco tempo fa. L'isola di Palau nel Pacifico a circa 500 chilometri a est delle Filippine, riporta il tasso piu alto, con il 25 per cento della popolazione tra i 15 e i 64 anni di età che ha fumato marijuana nell'ultimo anno. Anche gli Italiani e gli Americani (USA) piace "stonarsi" con l'erba, qui abbiamo tassi del 14,6% e 14,1% rispettivamente. Anche Canada, Spagna e Australia hanno una consumazione elevata. In Uruguay, dove si parla ormai di legalizzazione, il tasso è del 5,6%. Il consumo è anche in aumento in alcune parti dell'Asia e dell'Africa. La produzione di cannabis è più difficile da misurare, ma, secondo il rapporto ONU, giusto per fare un esempio nel 2010 in Afghanistan e' stato calcolato che la produzione totale di marijuana aveva un valore economico doppio di quella del papavero da oppio.




mercoledì 5 dicembre 2012

1000 USI DELLA CANAPA!!!!!


In questi anni di grandi preoccupazione per l’ambiente tutti devono sapere che per l’inquinamento,l’effetto serra e la distruzione delle foreste ci sono delle vere soluzioni e non solo dei palliativi. La canapa sta a dimostrarlo.

Si parla sempre molto di ambiente, ma se ne parla anche molto a sproposito. Infatti, nonostante i tanti dibattiti, quando c’è una possibilità di sostituire il petrolio con materie prime naturali e rinnovabili, nessuno se ne accorge (così come nessuno si è mai accorto del più grande sperpero di risorse energetiche della Storia, quello del metano). Certo, è molto difficile oggi immaginare un’economia sviluppata che possa fare a meno del petrolio, dei milioni di alberi abbattuti ogni anno per fare la carta, e dei prodotti dell’industria chimica. Ed è altrettanto difficile immaginare una società affluente senza le montagne di rifiuti, l’effetto serra e tutti gli altri disastri ambientali a cui siamo da tempo abituati.
Eppure una concreta e fondata speranza esiste: questa speranza ci viene dalla canapa. Con le materie prime della canapa si possono produrre, in modo pulito ed economicamente conveniente, tessuti, carta, plastiche, vernici, combustibili, materiali per l’edilizia ed anche un olio alimentare di altissime qualità. La canapa è stata, tra le specie coltivate, una delle poche conosciute fin dall’antichità sia in Oriente che in Occidente: in Cina essa era usata fin dalla preistoria per fabbricare corde e tessuti, e più di 2000 anni fa è servita per fabbricare il primo foglio di carta. Nel Mediterraneo già i Fenici usavano vele di canapa per le loro imbarcazioni. E nella Pianura Padana la canapa è stata coltivata per la fibra tessile fin dall’epoca romana.

Ma quali sono le materie prime della canapa, e quali prodotti se ne possono ottenere?




Materie prime - La canapa è una pianta dal fusto alto e sottile, con la parte sommitale ricoperta di foglie, e può superare i 4 metri d’altezza. La parte fibrosa del fusto si chiama “tiglio” e la parte legnosa “canapolo”. La canapa può essere coltivata per due scopi principali: per la fibra tessile o per i semi. Se si coltiva la canapa per la fibra tessile il raccolto va fatto subito dopo la fioritura, si possono ottenere fibre tessili (20%), stoppa (10%) e legno o canapolo(70%). Se invece si coltiva la canapa per i semi, la parte fibrosa o tiglio è interamente costituita da stoppa, cioè da fibra di qualità inferiore inadatta per l’uso tessile. Una importante caratteristica della pianta di canapa è la sua produttività. E’ una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata: una coltivazione della durata di tre mesi e mezzo produce una biomassa quattro volte maggiore di quella prodotta dalla stessa superficie di bosco in un anno. Molti contadini vogliono riprendere a coltivare la canapa se non altro perché, data la sua velocissima crescita, essa sottrae la luce e soffoca tutte le altre erbe presenti sul terreno, e lo libera quindi da tutte le infestanti meglio di quanto non sappiano fare i diserbanti. Ecco che cosa si può ricavare da queste materie prime.


Tessuti - A tutti piace essere ben vestiti. Un acro di terra produce circa 500 kg di fibra grezza di canapa, tre volte più del cotone. Ogni kg di canapa rende una volta filato un filo lungo oltre 700 km. A parità di prezzo gli articoli di canapa sono sempre più richiesti rispetto a quelli di cotone per via della maggiore brillantezza del bianco e per la loro robustezza, assorbenza e durata. La fibra organica di canapa respira con il corpo ed è biodegradabile. Più isolante ed assorbente del cotone, con una pettinatura maggiore la canapa diventa anche più soffice. La sua capacità superassorbente la rende adatta a fabbricare spugne, tamponi, asciugamani e pannolini. Infine la canapa ha una buona resa anche se mescolata ad altre fibre. Oggi può essere lavorata in impianti che sostituiscono le lunghe e faticose lavorazioni manuali di un tempo. La sua coltivazione richiede pochi pesticidi e fertilizzanti, mentre il cotone specialmente di pesticidi ne richiede moltissimi. Inoltre la fibra della canapa è molto più robusta e dura più a lungo. Attualmente può essere lavorata in modo da renderla sottile quanto si vuole, e viene proposta in sostituzione di cotone e fibre sintetiche.


Semi, olio, vernici – La canapa, oltre che per la fibra tessile puo’ essere coltivata per ricavarne i semi. I semi di canapa contengono proteine di elevato valore biologico nella misura del 24 %, ed un olio nella percentuale dal 30 al 40 %. Per il loro valore nutritivo i semi di canapa sono stati proposti come rimedio alla carenza di proteine dei paesi in via di sviluppo. Le qualità dell’olio di canapa sono eccezionali. E’ particolarmente ricco di grassi insaturi ed è l’ideale per correggere la dieta dell’uomo moderno e per prevenire le malattie del sistema cardiocircolatorio. Altrettanto straordinarie sono le proprietà di questo olio per gli usi industriali: non a caso è stato paragonato all’olio di balena. Le vernici fabbricate con questa materia prima, oltre a non essere inquinanti, sono di qualità incomparabilmente superiore rispetto a quelle prodotte con i derivati del petrolio. Con l’olio di canapa si possono inoltre fabbricare saponi, cere, cosmetici, detersivi (veramente biodegradabili), lubrificanti di precisione ecc.


Carta – La carta di fibra di canapa ha molte caratteristiche positive tra cui grande forza ed estensibilità, opacità, resistenza a strappi e lacerazioni, resistenza all’umidità e capacità di mantenere la piega. Può essere riciclata sette volte mantenendo sempre lo stesso spessore contro le tre volte della carta d’albero. La carta di canapa dura secoli e persino millenni; la carta di albero ha una vita di soli 25-80 anni e tende gradualmente ad indurirsi, sbriciolarsi, ingiallirsi, deteriorarsi. Tutti difetti ai quali la carta di canapa è immune. Una volta estratta la fibra tessile e dopo aver raccolto i semi, rimangono la stoppa più la parte legnosa o canapolo, che non si possono considerare solo un semplice sottoprodotto, ma un’altra importante materia prima. Con la stoppa si può fabbricare carta di alta qualità, sottile e resistente. Con le corte fibre cellulosiche del legno si può produrre la carta d’uso più corrente: quella di giornale, dei cartoni ecc. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in massa vegetale, e poi perché la si può ottenere da un’unica coltivazione insieme alla fibra tessile o ai semi. Un altro grosso vantaggio della canapa è costituito dalla bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20 % oltre ad un’analoga percentuale di sostanze leganti. Attualmente le grandi cartiere utilizzano solo il legname degli alberi. Il processo per ottenere le microfibre pulite di cellulosa, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi che servono per sciogliere il legno. Questa operazione, ad un tempo costosa ed inquinante, non è necessaria con la carta di canapa ottenuta dalla sola fibra, e per quanto riguarda il legno di acidi ne servono meno della metà. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile. E per renderla completamente bianca è sufficiente un trattamento al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), invece dei composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno degli alberi. Questi composti chimici sono una delle cause principali dell’assottigliamento dello strato di ozono nell’alta atmosfera.


Tavole - Con i fusti interi della canapa, pressati con un collante, si possono fabbricare tavole per l’edilizia e la falegnameria in sostituzione del legno: sono di grande robustezza, flessibilità ed assai più leggere.


Plastica – Con la cellulosa di cui la pianta è ricca, attraverso un processo di polimerizzazione, si possono ottenere anche svariati materiali plastici pienamente degradabili che fin dall’inizio avrebbero una serie di usi importanti per imballaggi, isolanti e così via.


Henry Ford – Negli anni 30 la Ford dopo 12 anni di ricerche produsse un’auto sperimentale con struttura in plastica vegetale (biodegradabile). I robusti pannelli erano ricavati da una mistura di fibre di cellulosa della canapa al 70% con l’aggiunta di un 30% di legante alla resina: applicando una pressione di 1500 libbre per pollice quadrato. La plastica si dimostrò 10 volte più resistente dell’acciaio senza ammaccarsi (quindi più resistenza agli urti). Il veicolo pesava solo 2/3 di un’auto normale, il che si traduceva in molti km in più percorsi, a parità di carburante. Ford inoltre progettava di rifornire le sue nuove auto con combustibile vegetale (70% meno inquinante degli attuali carburanti), ma fu bloccato da proibizionismo sull’alcool prima e sulla canapa poi, fu quindi costretto ad usare il petrolio.


Combustibili - La canapa, per la sua alta resa in massa vegetale, è considerata anche la pianta ideale per la produzione di combustibili da biomassa in sostituzione dei prodotti petroliferi. Bruciare combustibili da biomassa anziché petrolio non fa aumentare l’effetto serra. Infatti l’anidride carbonica viene prima sottratta all’atmosfera durante la crescita della pianta, e poi restituita all’aria al momento della combustione. In questo modo la quantità di anidride carbonica dell’atmosfera non aumenta, al contrario di quello che succede se si bruciano idrocarburi fossili.


Medicinali e cosmetici – Sui medicinali si potrebbe tranquillamente scrivere una enciclopedia. Innumerevoli anche le applicazioni nel campo della cosmesi: dagli abbronzanti, alle creme contro gli inestetismi della pelle per arrivare a profumi, essenze, tinture ecc.


Altri usi - Oltre a quelli ben noti e tradizionali, dell’industria tessile, della corderia e saccheria, della carta e dei cartoni, si vanno ampliando destinazioni innovative (bioedilizia, zootecnia, florovivaismo, ecc.) per le quali è prevedibile un mercato in forte espansione. Nella sola U.E. vengono utilizzati per imballaggi circa 6 milioni di tonnellate all’anno di sostanze plastiche, essi potrebbero essere sostituiti con polimeri o direttamente con fibre vegetali. Anche di compositi attualmente nella U.E. se ne assorbono 400.000 tonnellate di fibre di vetro, non riciclabili, con conseguenti costi ed inconvenienti. Anche in questo caso possono subentrare fibre vegetali. Altro settore in enorme espansione è quello dei geotessili, il cui impiego diverrà sempre più importante per contenere l’erosione dei suoli. Si prevede già che dall’inizio del 2.000 il mercato ne potrà assorbire attorno a 70 milioni ti tonnellate. Non va trascurato il settore della bioedilizia che, sia come materiale isolante per pareti e solai, ma soprattutto in sostituzione o misto al polistirolo per alleggerire conglomerati cementizi, non solo in solai, ma addirittura in strutture portanti, può assorbire la porzione meno nobile dello stelo di canapa, cioè il canapulo. Quest’ultimo può essere utilizzato anche come substrato in colture di funghi, lettiere, componente dei terricciati, ecc..
Utilizzo in “cascata” – La canapicoltura potrebbe essere un’occasione per applicare in pratica una filosofia di tipo ambientale che, pur soddisfacendo l’esigenza dei singoli componenti, rientra anche nell’assolvimento d’interessi sociali riducendo l’impatto ambientale. E’ questo il concetto di cascata teorizzato dall’olandese T. Sirkin nel 1991 e ripreso dallo stesso, assieme a M. ten Houten, negli anni successivi. Di cosa si tratta? Ogni prodotto ha un ciclo di vita al termine del quale è distrutto. Saranno quindi necessarie nuove materie prime, nuovi input chimici, energetici, ecc. per ricrearlo e poi distruggerlo e quindi costi per smaltire i residui ed anche per eventuali problemi d’inquinamento. Utilizzando invece materie prime e destinandole ad un prodotto con caratteristiche di pregio; utilizzando i residui di quest’ultimo prodotto per produzioni differenziate ad un livello più basso; i residui di queste ultime utilizzati ancora per altre produzioni, ancora di minor pregio, e così via come in una “cascata”. In questo modo il ciclo di vita della materia può essere notevolmente allungato, riducendo fortemente il livello d’input per unità di prodotto, poiché lo stesso verrà ripartito nelle successive fasi. Anche i costi di smaltimento dei residui e i problemi di inquinamento sarebbero fortemente ridotti.
Razionalizzando l’organizzazione dell’intera filiera di produzione, oltre alla riduzione dei costi, si avrebbero benefici sociali notevoli, non trascurabile, infine, le nuove prospettive per l’occupazione.
Per la canapa un’applicazione è stata studiata da Fraanje (1997) sia relativamente alla porzione corticale che al canapulo. Si può pensare di utilizzare in sequenza: la parte fibrosa per usi tessili; i residui del tessile (stacci, ecc.) per l’industria della carta di buona qualità anche in miscela con carta da riciclo; la carta a sua volta essere riciclata per ottenere carte più grossolane e infine cartoni; questi ultimi possono essere lavorati per ottenere pannelli coibentati, che potranno essere riciclati per fare compositi ed infine usati come combustibile. Il ciclo vitale della materia prima può in tal modo essere allungato dai 2 anni, media attuale, ad oltre 60. Analogamente il canapulo può rientrare in cascata, oltre che in quella dei cartoni, nell’industria dei truciolati reimpiegati almeno 3 volte, con un ciclo vitale che può raggiungere anche i 75 anni. Le prospettive per la canapa, così come per molte altre piante da fibra, possono risultare di grande interesse. D’altra parte, per reimpostare gli ordinamenti colturali per ridurre i settori eccedentari dell’agricoltura è più facile passando a piante annuali, piuttosto che a colture legnose con l’alea di cicli decennali.

Conclusioni.
Se è vero che con la canapa si possono produrre tutte le cose elencate sopra (e tantissime altre ancora), come mai le proprietà di questa pianta sono ancora così poco conosciute e così poco sfruttate? Essenzialmente perché da troppo tempo si è smesso di coltivarla, ma anche per la pressione di grandi multinazionali che non gradirebbero di ridurre i loro introiti: per questo adottano politiche di disinformazione.
Di fatto questa lunga interruzione della coltivazione rende difficile oggi il suo rilancio; le modalità di coltivazione devono essere di nuovo messe a punto, ed anche i processi di lavorazione della materia prima devono essere riprogettati. Per molte ragioni non sono più proponibili le lunghe e pesanti lavorazioni manuali collegate con l’estrazione della fibra tessile, che del resto avevano già portato la canapa fuori mercato qualche anno fa: sono necessarie nuove tecnologie. Per esempio la macerazione per il distacco della fibra sarà fatta in appositi impianti ai quali i contadini conferiranno il prodotto dopo averlo essiccato. Questi impianti si possono già costruire, i processi sono stati quasi completamente individuati. E’ necessario ora assemblare l’intera filiera che va dal produttore agricolo al prodotto finito, ed avviare il meccanismo. Il contadino non può mettersi a produrre la canapa se non c’è un impianto che la può lavorare, e non si può far lavorare l’impianto nuovo di zecca se i contadini non lo riforniscono della materia prima.
Esistono però molti fattori che premono perché la macchina produttiva si metta in movimento: sia in Europa che nel Nord America i coltivatori sono da tempo alla ricerca di nuove colture che possano ampliare il mercato in settori diversi da quello alimentare. Anche la CEE è interessata a promuovere coltivazioni a destinazione non alimentare, ed ha individuato nella canapa una delle colture più interessanti. Per questo ha deciso di sovvenzionare i coltivatori di canapa e di sostenere la ricerca per mettere a punto i processi di lavorazione. Questi sono segni che, anche al di là di considerazioni di carattere ambientalista, c’è tutto un mondo dell’economia che si sta spostando verso una produzione basata su materie prime naturali e riciclabili, sostitutive del petrolio e dei suoi derivati. Anche il mercato è pronto a ricevere i prodotti della canapa. Esistono già ora centinaia di ditte in tutto il mondo che, usando materie prime provenienti dai paesi che non hanno mai interrotto la coltivazione (come l’Ungheria), fabbricano numerosi articoli a base di canapa: tessuti e capi d’abbigliamento, olio dei semi e prodotti alimentari che li contengono, saponi, cosmetici, vernici, carta, detersivi, tavole ed altri materiali per l’edilizia, legni compensati, oggetti d’arredamento ecc.
Alcune di queste ditte hanno visto il loro fatturato crescere anche del 500 % in un solo anno. Ma nonostante ciò la domanda continua ad essere superiore all’offerta, ed i prezzi spesso sono alti. Alcuni prodotti poi, come i tessuti, sono praticamente introvabili. Tutto questo è la dimostrazione che il rilancio della canapa alla fine sarà sostenuto dal mercato, ovvero da un’opinione pubblica consapevole del fatto che la canapa può risolvere parecchi dei problemi ambientali che ci assillano. Ma è anche la dimostrazione che i tempi sono maturi per passare finalmente a produzioni su vasta scala. Ciò che frena attualmente lo sviluppo di questo settore e gli entusiasmi dei consumatori sono infatti proprio le limitate disponibilità di materie prime.